Non è facile descrivere quali sono state le sensazioni che ho provato all’arrivo in Guatemala. Scendendo dall’aereo ho provato paura per l’inizio della nuova esperienza in una città sconosciuta, con l’incognita della collaborazione, lo scambio con cooperatori provenienti da molte altre culture e le sfide personali che questo comporta. D’altro canto prevaleva un senso di eccitazione nell’intraprendere l’attività con la popolazione locale, piena di curiosità verso la loro cultura, la lotta per il quotidiano, la loro realtà di vita.
Dopo due settimane di formazione, durante le quali noi nuovi abbiamo ricevuto informazioni di vario genere: politico, culturale, sociale, psicologico, siamo stati assegnati a delle regioni nelle quali è attivo il programma ACOGUATE, siamo diventati accompagnanti in sostegno delle rivendicazioni dei locali, del loro territorio e dei loro diritti.
Sono partita per la regione Ixcan, centro di interesse nel dibattito sulla politica energetica e l’uso delle risorse naturali. Il governo guatemalteco e le imprese transnazionali vorrebbero approfittare del potenziale idroelettrico della zona per costruire la seconda diga più grande dello Stato. Alcune comunità si oppongono alla rimilitarizzazione, adottando misure atte a garantire che le loro voci siano ascoltate. L’incremento della presenza militare è un segnale inquietante per gli abitanti in lotta per i loro diritti.
Noi affianchiamo due organizzazioni nella regione Ixcan: un’Associazione per la giustizia e la riconciliazione nel caso di genocidio e un’Associazione di Comunità per lo sviluppo, la difesa della terra e delle risorse naturali. Con un’altra cooperante visitiamo i loro villaggi, le loro case e ci riuniamo con le autorità locali. La lotta di queste persone prosegue da anni, mostrando il desiderio di giustizia e di vivere serenamente. Nonostante i 36 anni di conflitto interno queste comunità mostrano un livello di resilienza molto alto: è ammirevole vedere che nonostante il duro lavoro nei campi, la famiglia e gli altri impegni della difficile vita quotidiana, si ritagliano uno spazio per riportare pace e democrazia nel loro paese cha ha già tanto sofferto.
C’è molto da imparare e aspetto con impazienza i prossimi incontri per conoscere meglio le persone, il loro modo di vivere e i loro pensieri. In queste comunità abbiamo la fortuna di vivere a stretto contatto con gli abitanti: dormiamo con loro e mangiamo alla stessa tavola, compartendo storie sulle differenze culturali. La costruzione di un rapporto di confidenza e fiducia è un processo che durerà nel tempo, motivo per il quale ho deciso di restare metà anno nel paese.
Anna, Guatemala, 5 janvier 2016